lunedì 13 dicembre 2010

Italia dei Diritti denuncia degrado via di Castel Fusano a Ostia


Il presidente del movimento Antonello De Pierro : “Chiediamo all’assessore Amerigo Olive di attivarsi senza indugi per riasfaltare il tratto in questione”

Roma – Ogni giorno i cittadini di Ostia e quanti percorrono via di Castel Fusano, rischiano la vita. Drammatiche le condizioni in cui versa l’importante tratto del litorale, il terreno è infatti pieno di buche e rigonfiamenti provocati da nodose radici sviluppatesi senza controllo. Un pericolo per tutti, che emerge chiaro nella denuncia dell’Italia dei Diritti.

“Nell’ambito del degrado stradale che affligge il Tredicesimo Municipio – dichiara Antonello De Pierro, presidente del movimento - ,pur tenendo conto delle difficoltà della messa in sicurezza di vie minori da parte dell’assessorato ai lavori pubblici, non si può evitare di intervenire però su alcune strade fondamentali per la viabilità del territorio. Sono strade trafficatissime che collegano punti cruciali. Non assumere provvedimenti idonei per la messa in sicurezza di queste strade, denota sicuramente una negligenza o incapacità imperdonabile da parte di chi è deputato a garantire la percorribilità del manto stradale. Tra queste strade via di Castel Fusano che è fondamentale in quello che è l’agevole scorrimento del traffico su Ostia e zone limitrofe versa in un degrado intollerabile per una tratto percorso da autovetture motocicli e anche biciclette”.

L’assente cura della zona e l’allarme costante del quale sono vittime i cittadini non sembra avere l’attenzione che meriterebbe dalla istituzioni e dai media. L’Italia dei Diritti, attraverso De Pierro, prosegue la sua denuncia e ribadisce il proprio impegno affinché presto migliori la situazione.


“Chiediamo all’assessore Amerigo Olive – continua il presidente dell’organizzazione extraparlamentare - di attivarsi senza indugi per riasfaltare il tratto in questione. Ci auguriamo che ciò avvenga il prima possibile e noi dell’Italia dei Diritti non staremo certo a guardare ma saremo capaci di portare in piazza i nostri sostenitori locali grazie anche all’impegno dei responsabili territoriali. Tengo a precisare – chiosa De Pierro- che per qualsiasi incidente causato dalla situazione di abbandono di tale percorso riterremo politicamente responsabile appunto l’assessore Olive”.

giovedì 2 dicembre 2010

Marinelli sconcertato per sospensione cure a pazienti neurovegetativi del S.Giuseppe di Roma


Il responsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti: “Se la Pubblica Amministrazione, anziché tagliare dove dovrebbe, sopprime i servizi essenziali deve essere ben cosciente che esiste il reato di omicidio

Situazione di disagio sanitario ai limiti dell’assurdo. Dieci pazienti in stato vegetativo della Casa di cura San Giuseppe di Roma rischiano di rimanere senza trattamenti medici dal primo gennaio 2011, poiché il reparto per la riabilitazione intensiva neurologica verrà chiuso, in seguito alla trasformazione della struttura in Rsa (Residenza sanitaria assistita), come stabilito da un decreto regionale del 2009, prorogato fino al 31 dicembre 2010. Oggi, proprio davanti alla sede della Regione Lazio, è prevista una mobilitazione di protesta organizzata dalla onlus Cittadinanzattiva e dal Tribunale per i diritti del malato, insieme con i familiari dei degenti, che chiedono di garantire a questi persone le indispensabili cure e assistenze.

“Pur non essendo tecnici della materia, l’incresciosa questione lascia esterrefatti, se non addirittura inorriditi. Non è certamente compito dei parenti doversi prodigare affinché i propri congiunti restino in vita, perché è proprio di questo che si tratta”. A precisarlo è il responsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti, Vittorio Marinelli, intervenuto sulla vicenda.

Con la riclassificazione in Rsa, i servizi sanitari previsti per gli anziani sarebbero di sicuro insufficienti per fornire le dovute cure a pazienti in condizione di minima coscienza. A tal proposito il rappresentante regionale del movimento fondato da Antonello De Pierro usa parole forti contro chi ha potere di intervenire e non lo fa: “Se la Pubblica Amministrazione, anziché tagliare dove dovrebbe, ossia sprechi, furti, ruberie, clientelismi e altro, decide di sopprimere i servizi essenziali deve essere ben cosciente che esiste il reato di omicidio. La giurisprudenza non ha ancora elaborato la fattispecie di ‘omicidio idiota’, infatti non sembra che malati in fase terminale o vegetativa potrebbero mai sopravvivere allo stacco della spina. Rimane – prosegue Marinelli – la preoccupante situazione della regressione in questo Paese di diritti e valori che, fino a qualche anno fa, sembravano inviolabili. Un popolo pacifico che si scopre guerrafondaio e va al fronte con le scarpe di cartone come qualche decennio fa, servizi ferroviari dell’India quando era ancora un paese del Terzo mondo, assistenza sanitaria rimessa ormai soltanto alle famiglie dei malati”. E conclude allarmato: “Queste sono cose che destano profonda indignazione”.

lunedì 29 novembre 2010

Nel Lazio 8 mesi di attesa per ecografia, l’Italia dei Diritti si mobilita


Carmine Celardo viceresponsabile regionale del movimento nazionale : “Al fine di tagliare i buchi dovuti a malcostume, attività truffaldine e corruzione, si è staccato uno dei bilanci negativi peggiori per la sanità. Con lo scopo di tappare le falle chiudono interi ospedali e ambulatori”

Roma – Un cittadino romano che necessita di effettuare una ecografia al gomito in una struttura pubblica deve aspettare 8 mesi. Tra le varie denunce arrivate all’Italia dei Diritti questa ci ha colpiti profondamente, un episodio gravissimo che si disperde tra le varie lungaggini per prestazioni cliniche, così frequenti nella nostra regione da non fare quasi più scandalo.


Sui fatti è netto l’intervento di Carmine Celardo, viceresponsabile per il Lazio del movimento presieduto da Antonello de Pierro: “I numeri sono allarmanti. Si parla di 340 giorni per un’ecografia addominale, come da denuncia al Tribunale per diritti del malato. Le liste di attesa sono da record, non si può pensare di renderle più corte dal momento che hanno ridotto le strutture anziché aumentarle. Nel Lazio al fine di tagliare i buchi dovuti a malcostume, attività truffaldine e corruzione, si è staccato uno dei bilanci negativi peggiori per la sanità. Per risanare i conti chiudono interi ospedali e ambulatori. Probabile che ci sia, dal nostro punto di vista, una incapacità gestionale complessiva. Nella nostra regione le promesse mai mantenute della cura Storace, non hanno sanato il bilancio, Marrazzo ha poi mantenuto lo stesso trend e da quando è arrivata Renata Polverini siamo addirittura in una curva ascendente. Riscontriamo problemi di attesa non solo nell’area diagnostica ma anche in quella specialistica, nell’attesa per interventi chirurgici. La sanità laziale sicuramente soffre l’invecchiamento della popolazione e l’ enorme spesa pubblica per l’ assistenza di persone non residenti che domiciliano per lavoro nella regione ma non ritengo che i costi siano così superiori ti rispetto al resto d’Italia”.

Sdegno e sconforto nella testimonianza arrivata all’Italia dei Diritti, ennesimo esempio della condizione in cui versa la sanità locale. Un esame diagnostico necessario andrebbe effettuato in tempi ragionevoli, compatibili con i diritti di chi si rivolge alle strutture pubbliche per essere assistito.

“Il fatto è che siamo arrivati all’assurdo – prosegue Celardo - , a livelli da terzo mondo. In alcuni casi, da un esame al gomito si può scoprire l’insorgenza di un tumore osseo, basta un’ecografia pelvica per salvare la vita di una donna. Le attese per i controlli in maternità spesso hanno tempi maggiori della gravidanza stessa. Il fatto grave è che l’ assessore regionale si nasconde dietro sterili numeri quando nei fatti stanno operando un’azione di taglio nelle realtà del Lazio considerate rami secchi, in questo modo non fanno che gravare sui centri poli-specialistici di eccellenza dove abbiamo già lunghe attese. Mi domando – chiosa - quale sia la volontà della Polverini, ci viene il sospetto sia il trasferire tutto indiscriminatamente nelle mani del privato. Se tale è la politica della sua Giunta avrebbero dovuto dirlo in campagna elettorale, se questa è la prospettiva non possiamo che chiedere la sfiducia”.

Allarme cassa integrazione nel Lazio, Celardo attacca la Zezza


Il viceresponsabile regionale dell’Italia dei Diritti : “ Se questi sono argomenti per stimolare l’occupazione nel Lazio mi viene da piangere. Di fronte a tali dichiarazioni chiedo le dimissioni dell’assessore al lavoro e alle politiche sociali”

Roma- “I dati relativi alle crisi aziendali, mettono in luce un aumento del 30% di cassa integrati nel Lazio. L’assessore Mariella Zezza non fa un mea culpa e nemmeno si sogna di mostrare i dati macroeconomici reali. Quello che non dice la Zezza è però molto più importante, se aggiungiamo ai provvedimenti di tutela ordinari scattati nel 2008, quelli straordinari del 2010, avremo nel breve futuro oltre 35000 famiglie alla fame, senza ammortizzatori, senza stipendio, è questo il dato grave. È più che raddoppiata la cassa integrazione nella nostra regione, accresciuta del 100% quella straordinaria. Il Lazio non ha un piano di emergenza, l’assessore si sta arrampicando sugli specchi per dire di non avere colpa ma non è questo che ci aspettiamo da un amministratore pubblico”.

Con toni duri, Carmine Celardo, viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti, commenta i dati emersi dall’inchiesta dell'assessorato regionale al lavoro e alle politiche sociali guidato da Mariella Zezza. Numeri impressionanti, che denunciano una situazione al collasso per la Regione che ha affrontato 700 vertenze in soli 7 mesi, e deve combattere una disoccupazione giovanile nel Lazio al 30,6% , 5 punti in più della media nazionale.

“È una giunta quella della Polverini – dichiara l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro - che vive di silenzi e incertezze . Non c’era bisogno di stanziare 57 milioni per formare da zero periti, idraulici, elettricisti bastava prenderne 10000 tra i cassa integrati. Se manca un così alto numero di operai specializzati mi chiedo se quei 35000 siano tutti dirigenti, manager oppure tra loro si trovino manovali generici con la quinta elementare, se non vi siano inoccupati ai quali far fare corsi di riqualificazione di 6 mesi per riportarli nel circolo produttivo. Abbiamo il 30% dei giovani in cerca di lavoro, mi pare strano non ci siano diplomati, periti, tecnici, per soddisfare queste richieste. Spero non si coprano 100000 morti con 100 neonati. Abbiamo 35.563 famiglie che attendono risposte.”

Mariella Zezza commentando i dati che riguardano il suo assessorato conforta, promettendo interesse per le infrastrutture, ricordando il piano casa e i 15 milioni di euro stanziati dalla giunta per la stabilizzazione dei precari.


“Di quali precari stabilizzati parla la governatrice - prosegue Celardo- , di quelli sbattuti fuori dalla Gelmini, da Brunetta e da Tremonti, forse dimentica la Polverini che mangiava coda alla vaccinara e polenta con i compagni di partito, coloro che hanno messo fuori oltre 200.000 precari. Bisogna ripartire aprendo il rubinetto delle opere pubbliche, la Zezza si difende dicendo che sono arrivati al governo in un momento di crisi, non vorrei facesse come il suo leader, il Presidente Berlusconi che si lamentava di essere salito al potere nel momento della caduta delle Torri Gemelle. Questa giunta parla sperando di nuove assunzioni quando siamo nella crisi più nera, il buco di bilancio nella sanità è enorme Mi risulta che l’unico investimento sia stato quello per stanziare un bando con finanziamenti da destinare ai comuni, unicamente per lo studio di progetti atti a mettere in sicurezza le strade pericolose del Lazio. Soldi che non andranno in opere pubbliche utili ad evitare morti ma solo per studiare prospetti. Se queste sono i programmi della giunta Polverini relativi alle nuove infrastrutture chiedo immediatamente le dimissioni della Governatrice. Se tali sono gli argomenti per stimolare l’occupazione nel Lazio mi viene da piangere Mi piacerebbe sapere dall’assessore su quanti posti di lavoro possiamo contare e quando partiranno le opere pubbliche. Ci dicessero –quando cominceranno - chiosa il viceresponsabile laziale dell’Italia dei Diritti - per ora quello che abbiamo sono solo chiacchiere. Di fronte a tali dichiarazioni chiedo le dimissioni della Zezza”.

venerdì 26 novembre 2010

Sigilli all’arco della Zisa a Palermo, il commento di Soldà


Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “ Ci troviamo di fronte ad una nuova Pompei, ennesimo episodio di mala conservazione dei beni monumentali del nostro Paese”

Ieri mattina a Palermo l’arco della Zisa è stato sottoposto a vincolo dai Beni Culturali perché ad alto rischio di crollo. Sono intervenuti gli agenti del Nucleo di tutela del patrimonio artistico della polizia municipale, dopo che sempre per rischio di cedimenti è stata sequestrata anche la chiesa della Gancia.

Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti Roberto Soldà interviene sulla questione: “le bellezze storiche e culturali lasciate in eredità dai nostri predecessori costituiscono dei patrimoni da tutelare, anche quando purtroppo le risorse dello Stato sono poche o insufficienti. Vanno portati avanti in maniera continua e non discontinua, gli interventi adeguati ordinari e in egual modo quelli straordinari nel caso in cui la situazione lo necessiti”.

La condizione del complesso monumentale è alquanto disastrata poiché i conci di tufo che compongono l’arcata si sono quasi del tutto staccati dalla costruzione compromettendo così la stabilità dell’arco. Il numero due del movimento guidato da Antonello de Pierro prosegue sulla scia dell’avvenimento commentando: “fatti come questo che accadevano ieri a Pompei, ed oggi si ripetono a Palermo, mostrano lo stato di estremo disagio in cui versa lo Stato italiano. Siamo arrivati alla fine, non si può andare oltre bisogna intervenire in maniera seria per tutelare un patrimonio che rappresenta la nostra bellezza, il fiore all’occhiello del nostro Paese”.

venerdì 19 novembre 2010

Operaio schiacciato da una pressa a Cassino, per Soldà è emergenza morti bianche

Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti:“La società intera, ma soprattutto il mondo imprenditoriale, deve entrare nel merito in maniera seria e duratura nel tempo attraverso un modo di procedere che coinvolga tutti i lavoratori, soprattutto in quelle attività in cui il pericolo di incidente è indubbiamente alto”

Roma – Schiacciato da una pressa mente svolgeva il suo turno. Questa la straziante fine di Bruno D’Alessandro, 52 anni, marito e padre di due figli, operaio presso la Cartiera di Cassino, in provincia di Frosinone, l’ultima vittima, in ordine di tempo, delle morti sul lavoro.
“Il dramma delle morti bianche, - interviene Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti – è una grande piaga del nostro paese che, nonostante passino gli anni, non si riesce a debellare. I dati parlano chiaro: oltre 365 morti l’anno, il che significa più di una vittima al giorno. Un problema davvero grande che ha bisogno della massima attenzione per essere vinto, come sostiene anche il Presidente della Repubblica. Ci adoperiamo in studi e facciamo grandi scoperte scientifiche al fine di annientare le malattie e migliorare la qualità della vita quando poi esistono nel mondo del lavoro delle nicchie, delle tipologie professionali per cui le morti bianche sono all’ordine del giorno”.
D’Alessandro, stava tentando di scoprire l’origine del guasto del macchinario che si era appena riavviato quando è stato risucchiato e inghiottito dagli ingranaggi. Nonostante il rapido soccorso prestatogli purtroppo non c’è stato nulla da fare e l’uomo è poi spirato nel vicino ospedale di Cassino.
Al fine di comprende l’andamento dei fatti è stata attualmente avviata un’indagine dai Carabinieri della cittadina del frusinate.
“La società intera – prosegue Soldà - ma soprattutto il mondo imprenditoriale deve entrare nel merito in maniera seria e duratura nel tempo, attraverso un modo di procedere che coinvolga tutti i lavoratori, soprattutto in quelle attività in cui il pericolo di incidente è indubbiamente alto come nel caso specifico. Tutti devono essere sensibilizzati ad investire in sicurezza perché non sono soldi spesi male, ma risorse che ricadono in maniera proficua e ottimistica sull’ente o sullo stabilimento. Una pagina oscura e dolorosa per l’Italia intera questa delle morti bianche, – conclude l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro - rispetto alle tante cose che facciamo di buono, alle scoperte, alla crescita dell’aspettativa di vita. Se ne parla da molti anni ma il numero di chi perde la vita sul lavoro è purtroppo ancora sensibilmente alto.”

Tabaccai presi in assalto da rapinatori, la riflessione di Soldà


Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: ”Un dato allarmante che ci fa capire come la sicurezza sia un problema sociale ancora da risolvere”


Un bottino di 2 milioni di euro ed oltre 200 colpi messi a segno nel solo periodo del 2010. Sembrerebbero i tabaccai una delle categorie commerciali più frequentate dai rapinatori. La Fit, l'associazione che raggruppa le tabaccherie della Confcommercio, denuncia il dato allarmante che riguarda più di cinquemila esercizi nel Lazio di cui tremila nella sola Capitale. Dal 1993 ad oggi arriva a 20 il numero degli esercenti uccisi nel corso di rapine in tutto il territorio nazionale.

“La situazione è allarmante per questi lavoratori che portano avanti una propria attività. Oltre a rischiare l’onere e tutte le conseguenze economiche dovute ad una rapina c’è anche quello personale e fisico poiché di fatto si mette in pericolo la propria incolumità”. Così interviene il vicepresidente dell’Italia dei Diritti, Roberto Soldà, nell’esprimere il suo parere sulla questione. “ In questo modo si rischia di mettere in ginocchio le categorie commerciali già largamente colpite da una congiuntura economica sfavorevole e da una crisi di livello nazionale e mondiale” .

“Il problema ci pone davanti anche a dei temi delicati come quello della sicurezza.- continua l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro. “Il dato denunciato ci fa capire come purtroppo questa sia una questione alla quale non si è data ancora una risposta, una parola priva di contenuto. Se questa è la situazione, sommandola a tanti altri fatti, di conseguenza si capisce come la percezione che il cittadino ha sulla sua sicurezza è tutt’altra cosa rispetto ai dati ufficiali che ci vengono normalmente descritti”.

mercoledì 17 novembre 2010

Messaggio con proiettile al Garante dei detenuti, l’opinione di Marinelli


Il responsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti:“ È l’istituzione carceraria che deve essere contestata, e la vera ragione di essere della stessa, non è la rieducazione del reo, bensì quella di favorire un mangia-mangia generale”

Roma – “I casi sono due: o la vicenda è tutta una montatura oppure le Brigate rosse confermano di non capirci nulla. Non è infatti al Garante regionale che dovrebbero inviare messaggi minatori, bensì al sindaco di Roma, Gianni Ale-danno”. Non senza una punta di sarcasmo il responsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti, Vittorio Marinelli, commenta la notizia della busta contenente un proiettile spedita tramite posta nei giorni scorsi al Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, e con la firma in calce indicante il nome “Brigate Rosse Nucleo Galesi”.

“L’opera di demolizione che ha reso il nostro sindaco un novello Attila – continua imperterrito nel suo attacco l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro –, ha cancellato anche uno dei rari uffici locali che funzionava bene, in particolare quello del Garante cittadino dei diritti dei detenuti. È per questo che ritengo che la missiva dei terroristi trattasi più probabile di una montatura: Marroni, seppur poco, qualcosa in favore dei carcerati l’ha fatto, e quindi non capisco perché vogliano impedirgli di lavorare anche minimamente”.

Quindi Marinelli si chiede se le motivazioni delle minacce in questione non debbano ravvisarsi nell’intento di far decollare la pressione già di per sé esplosiva che grava sullo stato delle prigioni italiane: “È l’istituzione carceraria nel suo complesso che deve essere contestata, e la vera ragione di essere della stessa, non è la rieducazione del reo, come molti possono apprendere dalla Costituzione, bensì quella di favorire un mangia-mangia generale”.

Il responsabile del movimento extraparlamentare a garanzia dei diritti dei cittadini conclude affermando: “Ogni carcerato costa all’Erario somme inimmaginabili, corrisposte direttamente ai vari delinquenti, consentirebbero loro di vivere agevolmente di rendita. Se in futuro i brigatisti decidessero di inviare nuovamente delle pallottole, dovranno forse recapitarle ai garanti di queste ruberie”.

mercoledì 10 novembre 2010

No di Autostrade a targa per Sandri, l’opinione di Celardo


Il viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti: “Comprendo le motivazioni che spingono la famiglia di Gabriele a commemorare la sua tragica morte, ma non posso fare a meno di pensare che sia necessario separare l’emotività da quello che spetta di diritto ad ogni cittadino”

Roma – “Comprendo le motivazioni che spingono i familiari di Gabriele a commemorare la sua tragica morte, ma non posso fare a meno di pensare che sia necessario separare l’emotività da quello che spetta di diritto ad ogni cittadino ”. Con questa dichiarazione il viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti, Carmine Celardo, accoglie il no arrivato da Autostrade per L’Italia SpA, relativamente alla richiesta di collocare una targa in ricordo di Gabriele Sandri, il tifoso della Lazio ucciso dall’agente di polizia Luigi Spaccarotella, dopo una rissa all'autogrill di Badia al Pino, in provincia di Arezzo. La petizione è arrivata dal fratello Cristiano, e da 25mila firme raccolte dal comitato ‘Mai più 11 novembre’. Sulla vicenda è intervenuto anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il quale si dice pronto ad appoggiare tale iniziativa per lanciare un messaggio forte affinché simili atti di violenza non si ripetano più.

Il responsabile del movimento presieduto da Antonello De Pierro esprime il suo cordoglio alla famiglia Sandri, ribadendo la gravità del crimine avvenuto, ma prende atto delle motivazioni espresse dalla società Autostrade: “Purtroppo le strade d’Italia sono diventante una via crucis: solo negli ultimi vent’anni si contano più di 30mila persone morte in incidenti legati a risvolti giudiziari. Penso ad esempio ad episodi di mancato soccorso o alla rapine finite in tragedia. L’onore di una targa commemorativa non spetterebbe forse anche a queste vittime? Credo sarebbe più onorevole per tutti portare ogni giorno un fiore alla tomba di Gabriele – conclude Celardo –, e il sindaco farebbe meglio a impiegare le sua energia combattendo concretamente i problemi che dilagano nella Capitale”.

martedì 9 novembre 2010

Allarme per i fondi della Provincia di Roma, le preoccupazioni della Nieddu


La viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti: “Il problema andrebbe risolto a monte, partendo dalla finanziaria varata da questo governo che mette in ginocchio il Paese”

Le previsioni economiche per il 2011 sono tutt’altro che rosee. È quanto emerge dalle riflessioni di Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, sulle possibili allocazioni delle risorse che lo portano ad annunciare uno stato di allarme. Fortemente preoccupato per i vincoli imposti dal patto di stabilità, l’inquilino di Palazzo Valentini, sostiene che qualora le scuole presentassero delle situazioni di pericolo, tali da richiedere degli interventi strutturali, l’unica soluzione che si prospetta sarebbe la chiusura dell’istituto. Sempre secondo Zingaretti, a fronte di un blocco dei fondi destinati alla provincia, pari a 200 milioni, il Patto di stabilità prevede una capacità di pagamento per il nuovo anno di soli 30 milioni. Ne consegue la messa in crisi non soltanto del sistema scolastico ma anche del rapporto con le società che erogano diversi servizi alla provincia. Per le aziende, infatti, si annunciano delle proroghe ai termini di pagamento che vengono posticipati ad un periodo superiore ai sessanta giorni.

Su queste problematiche si è espressa Anna Nieddu, viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti, la quale afferma: “Condivido l’opinione di Zingaretti poiché i patti di stabilità andrebbero rivisti dato che creano una situazione di pericolo e di profondo degrado. Il problema – sottolinea l’esponente del movimento fondato da Antonello De Pierro – andrebbe risolto a monte, partendo dalla finanziaria varata da questo governo che sta mettendo in ginocchio la produttività del Paese”.

venerdì 8 ottobre 2010

No deciso dell’Italia dei Diritti alla chiusura del Pronto Soccorso di Frascati


Carmine Celardo, viceresponsabile per il Lazio del movimento, accusa la giunta Polverini per questa “decisione dissennata” e si dice pronto a scendere in piazza per tutelare tutti i cittadini che subiranno gli effetti nefasti di tale scelta

Roma – L’Italia dei Diritti interviene nettamente per esprimere la sua contrarietà alla imminente chiusura del Pronto Soccorso dell’ospedale “San Sebastiano” di Frascati, come stabilito dal Piano di Riordino della Sanità nel Lazio, voluto dalla governatrice Renata Polverini, che prevede il trasferimento dei reparti di Ortopedia, Cardiologia-Utic, Psichiatria e, appunto, le unità dedicate alla medicina di urgenza dal nosocomio frascatano a quello di Marino. Tuttavia, desta parecchio stupore il fatto che, in nome del ripianamento del dissesto sanitario regionale, si possa avallare una simile operazione, che in realtà palesa evidenti contraddizioni proprio dal punto di vista finanziario: infatti, solamente un anno fa il Pronto Soccorso di Frascati è stato ristrutturato con una spesa pari a circa 500.000 euro, e più di recente sono stati impiegati 80.000 euro per realizzare un’efficiente area di sosta per le ambulanze. Investimenti che verrebbero vanificati in un colpo solo.

L’organizzazione extraparlamentare presieduta da Antonello De Pierro punta il dito contro gli autori di questa scelta, che sembrerebbe dettata da motivazioni politico-elettorali, eventualmente volte ad agevolare l’amministrazione di Marino (centrodestra) ai danni del Comune di Frascati (centrosinistra). “Si tratta di un atto vile e di bassa politica – tuona furioso Carmine Celardo, viceresponsabile per il Lazio del movimento –, un vero e proprio mercato delle vacche”. In relazione agli svantaggi e ai probabili disservizi per l’utenza che da anni si rivolge alle strutture del “San Sebastiano”, Celardo prosegue deciso: “Tutti i cittadini di Roma sud e dei Castelli Romani conoscono la realtà dell’ospedale di Frascati, che da sempre spicca per la professionalità, la competenza, l’eccellenza delle prestazioni offerte, per anni esso ha rappresentato un’ancora di salvezza per gli abitanti del X Municipio capitolino, prima che sorgesse il polo di Tor Vergata, e, in generale, per tutti i residenti delle zone circostanti. Smantellare questo centro sanitario di prim’ordine, per il quale si sono spese di recente somme ingenti, e trasferire le attività di primo soccorso nel piccolo e poco funzionante ambulatorio di Marino mi sembra una decisione dissennata”.

Esistono anche problemi geografici e logistici non indifferenti, poiché il nosocomio di Frascati sorge in una posizione strategica favorevole anche dal punto di vista della viabilità, essendo a disposizione di un bacino d’utenza molto più ampio rispetto a quello di Marino, proprio per la sua maggiore facilità di accesso. Il pericolo sollevato da più parti è che numerosi fruitori di questa struttura, in caso di chiusura di alcuni reparti, potrebbero ripiegare sul Policlinico di Tor Vergata, che rischierebbe il collasso a causa delle tante richieste di servizi e delle lunghissime liste di attesa. A tal proposito Celardo specifica che “grazie alla via Tuscolana è possibile raggiungere il PS frascatano in pochi minuti, invece arrivare a Marino implicherebbe passare per la congestionata via Appia o, peggio ancora, attraverso l’inadeguata arteria viaria di Grottaferrata-Squarciarelli”.

Poi, l’esponente regionale dell’Italia dei Diritti sferra il suo attacco deciso contro i responsabili di tale operazione, a cominciare dalla presidente del Lazio: “La Polverini si dovrebbe vergognare. Su questa faccenda lei e la sua giunta devono subito fare marcia indietro. Noi ci schieriamo compatti con tutti i lavoratori, le associazioni e l’intera società civile impegnata a salvaguardare l’ospedale di Frascati che, insieme con quello di Genzano, ha un valore di vitale importanza. Perciò – insiste – dobbiamo fermamente opporci a questa situazione e, se necessario, l’Italia dei Diritti scenderà in piazza con presidi e manifestazioni di protesta in difesa dei cittadini, sia di destra sia di sinistra, perché noi non guardiamo al colore politico ma solo alle giuste cause della collettività. Anzi, in questo caso specifico – spiega – tuteleremo anche e soprattutto quegli elettori della Polverini che ora vengono vigliaccamente traditi dai lei, in nome di squallidi giochi politici e di deplorevoli favori al sindaco di centrodestra di Marino”.

Infine, con riferimento alle recenti vicende giudiziarie che hanno visto coinvolti alti funzionari della Azienda sanitaria locale Roma H, a cui l’ospedale “San Sebastiano” appartiene, Celardo sottolinea un nuovo aspetto di preoccupazione, lanciando il suo monito: “Non dobbiamo dimenticare ciò che è successo poco tempo fa nella Asl Rm H, ricordando che l’ex direttore generale, Luciano Mingiacchi, è attualmente in carcere con l’accusa di corruzione aggravata. Alla luce dei fatti odierni mi sorge quindi il dubbio su chi abbia veramente gestito i 500.000 euro per ristrutturare il PS di Frascati, se tutto sia avvenuto legalmente o se qualcuno, magari vicino all’ex direttore, ci abbia speculato sopra, sapendo già dei tagli previsti a certi servizi sanitari, e oggi più che mai concretizzati. Pertanto, a causa di questi fatti sospetti, la signora Polverini deve stare bene attenta ai rapporti politici che intrattiene e ai provvedimenti che assume, specie in un terreno minato come quello della Asl Rm H, che getta inquietanti ombre anche su tutta la vicenda. A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”, conclude amaro Celardo.

mercoledì 29 settembre 2010

Pendolari della Nettuno – Roma contro Trenitalia, Soldà con i cittadini


Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti : “Si continua a danneggiare gli utenti che vengono trattati come animali e non come esseri umani. Giusta la mobilitazione degli amministratori locali.”

Roma - Il popolo dei 20.000 pendolari della tratta laziale Nettuno – Roma si è mobilitato con una raccolta firme per avviare una class-action, ovvero una richiesta di danni, diretta a Trenitalia. L’iniziativa potrebbe presto diffondersi e trovare il plauso di passeggeri di altre linee anch’essi alle prese con le difficoltà giornaliere patite durante il tragitto ferroviario.

“Si cerca in ogni caso – interviene Roberto Soldà vicepresidente dell’Italia dei Diritti – di alleggerire il traffico invitando i cittadini a non prendere l’auto propria e ad usare il trasporto pubblico. Per le linee più distanti però, in cui lo spostamento si effettua tramite un mezzo come metropolitana o come in questo caso treno, i passeggeri devono sopportare numerosi disagi, non del momento ma da anni. I vagoni sovente sono insufficienti per quanti sono costretti a prendere i treni per andare al lavoro, a scuola, o comunque per muoversi. Le carrozze sono fredde d’inverno e moltissime non climatizzate nel periodo estivo. Tutto questo crea un danno e un disagio ai cittadini fruitori che vengono trattati come animali e non come esseri umani”.

La sollevazione,sta raccogliendo l’appoggio di alcuni consiglieri regionali e soprattutto dei sindaci del città litoranee maggiormente coinvolte : Enrico De Fusco per Pomezia, Carlo Eufemi per Ardea e Alessio Chiavetta per Nettuno, i quali stanno pensando ad un confronto tra le giunte e Trenitalia.

“Si sta creando – prosegue l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – una giusta mobilitazione degli amministratori delle varie città che sono al confine col comune di Roma, per segnalare in modo inconfutabile questo stato di stress e di disagio che ormai dura da anni. Come si fa – conclude Soldà – ad incentivare il mezzo pubblico e il suo uso, specialmente quello su rotaia se poi non soddisfa le esigenze di un paese civile come il nostro il quale, con cadenza quasi giornaliera, si trova di fronte a ritardi, treni sporchi e superaffollati?”.

lunedì 27 settembre 2010

A Roma niente buste di plastica dal 2011, Marinelli attacca Alemanno


Il responsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti: “Quando il ritardo è catastrofico il ritardatario merita biasimo e nessun apprezzamento”


Il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha annunciato l’emanazione di un’ordinanza cittadina per impedire un’ulteriore proroga alla legge nazionale che stabiliva, già a partire dal 2010, la completa sostituzione dei sacchetti per la spesa in plastica con quelli biodegradabili. Tale misura potrebbe alleggerire la Capitale di un quantitativo enorme di plastica inquinante, sull’esempio dei molti Comuni in cui è già stata adottata. “Meglio tardi che mai – ha commentato Vittorio Marinelli, responsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti –, ma quando il ritardo è catastrofico il ritardatario merita biasimo e nessun apprezzamento. La situazione per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti di Roma – prosegue Marinelli – è analoga a quella di Napoli, con l’unica differenza che lì la camorra è più chiara ed evidente nelle sue manifestazioni, mentre nella Capitale è più sotterranea. Premesso ciò, in entrambe le ‘capitali’ dell’Italia peninsulare, vista la prossima divisione bossiana, si va a passo di carica verso il disastro irreversibile. Le discariche di Roma sono infatti nelle stesse condizioni di quelle partenopee. Fa specie, quindi, che il sindaco Alemanno rivendichi come un moto di ecologismo una decisione che è in realtà imposta dall’Unione Europea, ultima anch’essa nel recepire le istanze dei cittadini europei più evoluti che da tempo al supermercato usano le retine o ‘shopper’ di amido di mais o di altre sostanze biodegradabili. Già qualche operatore privato, a onor del vero, aveva fornito alla propria clientela un’alternativa più ecologica alla plastica. È chiaro, però, che dev’essere la politica a imporrre le regole e a fornire ai cittadini il buon esempio. Ma dal Silvio nazionale alle strade di Napoli invase ancora una volta di rifiuti – conclude l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – l’esempio non è dei migliori e il sindaco Alemanno con i suoi tardivi proclami è in perfetta sintonia con tale scenario”.